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Storia della fotografia: dal Novecento ai giorni nostri

Dopo aver cercato di riassumere insieme un primo capitolo legato alla storia della fotografia, fino alla fine dell’Ottocento (potrete rileggere qui l’articolo), addentriamoci sulle scoperte, novità ed evoluzioni del settore avvenuta a partire dal Novecento. Tra il 1900 e il 1902 furono commercializzate due macchine fotografiche: da un lato Kodak lancià sul mercato la prima macchina fotografica entry level, e Zeiss presentò una reflex mono obiettivo che divenne la macchina fotografica ufficiale per molti giornalisti americani.

Ma a dominare le scene sono ancora una volta i fratelli Auguste e Louis Lumière: dopo aver inventato il cinematografo infatti nel 1904 inventarono l’autocromo. L’autocromia è un procedimento a colori che si basa sulla sintesi additiva: rivoluzionò il campo della fotografia e divenne popolare, nonostante gli alti costi e le difficoltà che porta con se. A facilitare tale procedimento fu Louis Dufay che nel 1908 brevettò il Dufaycolor, che permetteva di ottenere immagini a colori con un procedimento semplice e l’uso di materiali molto più economici.

Dall’otturatore alla Polaroid

Nel 1912 il tedesco Friedrich Deckle portò all’introduzione dell’otturatore Compur, che divenne parte integrante di quasi tutti i modelli di macchine fotografiche prodotte fino agli anni 50′. Un aspetto fondamentale di quel periodo però resta la standardizzazione del 35mm, che venne portata a termine grazie all’ingegnere Oskar Barnack che utilizzò un modello tascabile di macchina fotografica compatibile con il formato della pellicola cinematografica, molto più piccoli rispetto ai modelli usati fino a quel periodo. Barnack lavorava per ottenere un perfetto equilibrio tra la dimensione finale dell’immagine e quella dell’apparecchio: per questo si trovò ad adottare il formato 24x36m così da mantenere lo stesso formato cinematografico (si passa da 4:3 a 2:3) lavorando però sul doppio dello spazio in larghezza. La sua invenzione però vide la luce solo nel 1925, a 11 anni di distanza dalla nascita del suo progetto. In quello stesso anno nacque anche il primo flash elettronico.

Nel periodo delle due Guerre Mondiali vi fu una chiara situazione di stallo nel settore fotografico: anche se vennero fondate quattro aziende che avrebbero poi fatto la storia del mercato fotografico, ovvero la Nippon Kogaku K.K., divenuta poi Nikon, la Olympus, la Panasonic e la Pentax.

Nel 1934 fu prodotto il primo prototipo di fotocamera con telemetro 35mm, nel 1935 fu registrato il marchio Canon e Edwin H. Land, inventore americano scoprì dei filtri polarizzanti andando poi a dare vita alla Polaroid.

Verso la pellicola negativa a colori

Continuano le grande nascite e soprattutto l’arrivo dei marchi più importanti: nel 1938 fu fondata la Samsung, mentre in Italia la Ducati scelse di produrre una delle prime macchine fotografiche commerciali ad ottiche intercambiabili, con un formato ridotto a 18x24mm. Nel 1941 in Svezia nacque la Hasselblad che durante la seconda guerra mondiale diede la possibilità di permettere all’aeronautica svedese di realizzare riprese aeree. Nel 1942 Kodak lanciò sul mercato il proprio negativo a colori, mentre sei anni dopo fu la Fuji a presentare il proprio modello di pellicola, anticipando di un anno l’uscita dell’italiana Ferraniacolor. Il 1948 divenne l’anno della svolta con l’arrivo della fotocamera reflex di medio formato più nota al mondo, la Hasselblad 1600F, che porta il nome del suo inventore Victor Hasselblad; nello stesso anno in Italia nacque l’unica macchina reflex made in Italy, la Rectaflex, le cui caratteristiche erano quelle di avere un mirino a pentaprisma, l’otturatore e un innesto a vite.

A metà del Novecento è la Nikon a prendere in mano la situazione: il fotografo americano David D. Duncan montò per la prima volta gli obiettivi Nikkor su fotocamere Leica, ottenendo un apparecchio ibrido di ottima resa. Il 1959 è l’anno dell’arrivo della Nikon F, una reflex professionale con mirini e ottiche intercambiabili, ma è anche l’anno del primo zoom firmato dalla Voigtländer, che presentò un 35.83mm con f/2.8. L’anno successivo arrivò poi la reflex Canon R2000, che ottenne il titolo di fotocamera più veloce del mondo.

Lo sviluppo e le migliorie legate al settore fotografico però si spostarono presto verso i Paesi extra-europei: l’ultima scoperta del Vecchio continente è una reflex dotata di flash elettronico incorporato, la Voigtländer che fallì miseramente per colpa dell’elevato costo del prodotto.

Il digitale

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 iniziò la vera rivoluzione digitale: fu prima inventato il CCD (Charge Coupled Device) e prese ufficialmente inizio la lunghissima lotta tra Canon e Nikon, la cui competitività veniva messa in atto con la realizzazione di macchine sempre più complete e innovative. La Canon puntò sulla Canon F-1, che è stata la prima vera reflex professionale mai prodotta dall’azienda, mentre la Nikon lanciò la Nikon F2. Ma fu la Kodak a conquistare un merito importante: nel 1975 infatti, grazie a Steven Sasson, si realizzò la prima fotografia digitale, anche se il progetto venne taciuto e congelato per numerosi anni. L’anno seguente torna a catturare l’attenzione il colore: Bryce Bayer inventò il filtro RGB, che ancora oggi è impiegato sui sensori fotografici.

Negli anni ’80 arrivò invece la prima fotocamera digitale capace di registrare le immagini su di un floppy disk: l’invenzione è attribuita al fondatore della Sony, Akio Morita. Nell’era della seconda rivoluzione fotografica arrivano poi la Adobe, la prima macchina fotografica Nikon con avanzamento meccanizzato della pellicola e la realizzazione della prima reflex dotata di obiettivo Zoom da parte della Pentax. Intanto Kodak terminò i lavori per la messa a punto del primo CCD da 1,4 Megapixel e si concentrò sul mondo dei video, realizzando 7 prodotti capaci di registrare le immagini, memorizzarle, trasmetterle in stampa e archiviare i video. Verso la fine degli anni ’90 arrivò poi il vero prodotto re del video editing, Photoshop targato Adobe.

Nel 1990 Kodak realizza il sistema CD Photo e presenta la prima reflex digitale (DCS-100), mentre la Nikon propone la prima reflex subacquea. Solo nel 1994 avvenne un “cambio della guardia” con Kodak che sceglie di abbandonare Nikon per unirsi con Canon, per la creazione di quattro fotocamere basate sulla EOS-1N, dotate di elettronica e sensore Kodak. Da parte sua la Nikon si lega a Fuji arrivando alla Nikon E2S, luna reflex digitale descritta come la più veloce del mondo, capace di archiviare fino a 7 scatti per secondo.

Nel 1996 arriva il sistema APS (Advanced Photo System): il suo vantaggio, in quanto vero successore del 35mm analogico, è sempre stato quello di permettere di ottenere 3 diversi formati di stampa partendo da uno stesso negativo. Parallelamente Casio lancia sul mercato la QV-10, la prima fotocamera compatta dotata di schermo LCD, permettendo così di poter visionare in tempo reale le foto scattate.

Il 2000

Con l’arrivo e l’affermazione del digitale, nel 2001 si registra la fine di una nota azienda che tanto ha dato per la fotografia analogica: Polaroid. Nel 2002 la fotografia entra in modo prepotente anche nel mondo della telefonia mobile: Nokia presenta il primo telefono cellulare con fotocamera integrata, il 7650. Intanto la giapponese Contax presentò la prima reflex digitale con sensore 24×36, Canon punta a una reflex dal costo molto ridotto e le vendite iniziano ufficialmente a dare ragione al digitale, che nel 2003 andò a superare l’analogico.

Nel 2005 Olympus e Panasonic sviluppano il formato quattro terzi mentre Nikon realizza la prima fotocamera compatta che disponga di una connessione wi-fi integrata. Tre anni dopo sempre la Nikon ottiene il merito di realizzare la prima reflex capace di registrare i video, oltre a garantire la realizzazione di fotografie. A partire dal 2009 viene riconosciuta a livello mondiale la fine dell’analogico, anche se concretamente si continuerà a parlarne fino al 2012 quando Kodak arrivò al fallimento.

Sono davvero pochissimi, ai giorni nostri, i modelli analogici ancora in produzione: restano però i veri estimatori dell’analogica pur riconoscendo la grande difficoltà legata alla disponibilità e rintracciabilità di una pellicola analogica.