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La teoria della fotografia secondo Rosalind Krauss

Rosalind Krauss è una curatrice e critica d’arte americana che rappresenta un importante punto di riferimento per i professionisti della fotografia; per questo, può essere utile conoscere le sue teorie e il suo pensiero a proposito di quest’arte, racchiusi nel saggio Teoria e storia della fotografia, in Italia edito da Mondadori. In questo volume la Krauss parla della fotografia in modo paradossale come di una bestia nera della cultura e dell’arte dei giorni nostri, soprattutto perché in molte circostanze non viene compresa, essendo il pubblico composto da curiosi o amatori che se ne intendono poco.

Per Rosalind Krauss noi siamo abituati a prendere in considerazione la fotografia per la sua immagine e il suo valore iconico, vale a dire il legame con la realtà che è determinato in modo decisivo dal concetto di somiglianza. Siamo indotti, pertanto, ad applicare alle foto gli stessi parametri estetici che applichiamo ai quadri e alle altre forme di rappresentazione, che si tratti della ricchezza di dettagli, dei contrasti, della luminosità, della composizione, della messa a fuoco, dell’originalità del modo di espressione, della scelta del soggetto, e così via.

Rosalind Krauss e la stampa fotografica

Nella teoria della fotografia di Rosalind Krauss è evidente l’importanza della stampa fotografica, che viene interpretata come il luogo ultimo su cui rimane traccia del lavoro svolto dal fotografo. La messa in scena dell’immagine si interseca con il suo funzionamento: entra in gioco una rappresentazione della riflessività che tiene conto dell’esistenza dell’apparecchio fotografico. Per la critica d’arte, la fotografia può essere studiata unicamente se si accetta di allargare l’orizzonte del pensiero e arrivare ad elaborazioni filosofiche più ampie e complesse.

Degno di interesse, nel libro di Rosalind Krauss, è –  poi – l’ultimo capitolo, il cui titolo è ben esemplificativo del pensiero che vi viene esposto: “Nota sulla fotografia e il simulacro”. Qui si parla, tra l’altro, della possibilità di fare in modo che, in ambito culturale, la fotografia possa essere in un certo senso sprovincializzata: certo, una profondità concettuale simile richiede un lavoro intenso. La Krauss, in effetti, si approccia al mondo della fotografia non nascondendo il proprio intento di rottura e il proprio desiderio di andare contro le teorie più in voga, secondo cui i suoi canoni estetici devono essere condivisi con quelli tipici della storia dell’arte. Non è esagerato definire il testo della studiosa americana tanto importante quanto “La camera chiara” di Barthes o la “Piccola storia della fotografia” di Walter Benjamin.